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Sabotaggio del TurkStream

2025-01-20 23:04

Giacomo Famigli

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La Russia denuncia l’Ucraina di attentato al TurkStream

La Russia denuncia l’Ucraina di attentato al TurkStream

L’11 gennaio 2025, il Ministero della Difesa Russo ha denunciato un attacco all’impianto di compressione Russkaya sul Mar Nero, che immette il gas nel gasdotto TurkStream e finisce nel territorio europeo della Turchia. Da qui si immette in Grecia nel Gasdotto Trans Adriatico, meglio conosciuto come TAP, insieme al gas proveniente dagli altri gasdotti che si collegano alla Turchia e distribuiscono il gas a vari paesi europei, tra cui l’Italia. Il fallito attacco pare costituito da nove droni ucraini: “una continuazione del terrorismo energetico da tempo sotto la supervisione di amici d’oltreoceano”  ha detto il portavoce del Cremlino Dimitri Peskov con chiaro riferimento agli Stati Uniti.

 

Perché questo dovrebbe interessare l’Italia?

Gli Interessi Nazionali Italiani possono essere sia interni sia esterni, il che significa che possono spingersi oltre ai nostri confini, anche in infrastrutture non di nostra proprietà. Il Turkstream è una delle infrastrutture che portano in Italia il gas: risorsa energetica necessaria per il funzionamento della nostra società, dell’economia e della vita di ciascun cittadino. L’interesse può essere corrente, futuro, reale o potenziale, ma in ogni caso va protetto. Con ciò si intende che anche un gasdotto di proprietà russa, da cui al momento non ci stiamo approvvigionando a causa di una presa di posizione in guerra, va protetto poiché potrebbe rifornirci in futuro, dandoci un prodotto a prezzo minore, diversificazione rispetto ad altri fornitori, opportunità di negoziazione del prezzo altrui, et cetera.

 

Un esempio in questo senso lo vediamo nel caso dell’Ucraina, la quale, nonostante in guerra contro la Russia, ha mantenuto fede ai contratti di transito del gas per i gasdotti passanti per il proprio territorio fino a fine contratto. Al termine di esso, L’Ucraina ha semplicemente chiuso i rubinetti senza distruggere nessuna delle condutture di fattura sovietica e russa ancora presenti sul territorio, tra cui: Druzhba II, Soyuz, Transneft, etc. La distruzione delle stesse significherebbe non solo costi di esecuzione, ma anche per una eventuale riparazione futura qualora le relazioni dovessero migliorare o in caso di estrema necessità. Allo stesso modo, l’attacco al TurkStream ci riguarda più di quanto mostrato politicamente.

 

Con la sua capacità di 10 miliardi di metri cubi di gas all’anno, la TAP è in grado di coprire fino al 15% del fabbisogno di gas italiano, attestato nel 2022 a 68,4 miliardi m3/a (dati MASE). Parte di questo fabbisogno viene soddisfatto anche da gas russo, sebbene ultimamente soprattutto in forma di gas naturale liquefatto, o LNG. Un’improvvisa interruzione di tali forniture avrebbe ripercussioni non solo sulla sicurezza del paese, ma anche conseguenze di medio periodo a causa della repentina ricerca di alternative per coprire la mancanza. Buona parte del gas che ci arriva nella TAP, ha origine in Azerbaigian o nel più lontano Kazakistan. È però il caso di ricordare che parte di questo arriva passando dal TurkStream o dal BlueStream, in ogni caso dalla Russia attraverso il Mar Nero e la Turchia.

 

Cosa può fare l’Italia in questi casi?

L’Italia è un importante attore a livello internazionale, dal punto di vista politico e diplomatico, detentore di vari interessi economici diffusi e in quanto a partecipante attiva in una miriade di progetti. La strategia da adottare e le finalità sono decisione del Governo in carica, e non del Comitato INI. Ci limiteremo quindi ad elencare gli ulteriori interessi in gioco e segnalare le possibili conseguenze aggiuntive potenzialmente derivanti da questo evento.

 

L’ordine mondiale si basa su regole e tendenze determinate dalla comunità internazionale. Ciò significa che tutto ciò che non è concordatamente vietato, è “legittimo” (virgolette del Redattore). La guerra è normalmente prescritta e limitata ai territori dei paesi direttamente protagonisti in essa. Ciononostante, episodi come il sabotaggio dei gasdotti Nord Stream 1 e 2, allo stesso modo dell’odierno al TurkStream, colpiscono la proprietà e la sicurezza nazionale di paesi terzi. In mancanza di una posizione netta a livello internazionale, il silenzio assenso potrebbe creare le condizioni per l’apertura dei sabotaggi ad altre infrastrutture, connesse ma non direttamente coinvolte, con le parti in guerra.

 

In termini di infrastrutture di Interesse Nazionale Italiano fuori dai confini, si possono prendere non solo tutte le condutture di petrolio e di gas collegate a noi, per proprietà e per destinazione, ma anche i famosi cavi sottomarini. Questi ci collegano con il resto del mondo per quanto riguarda le telecomunicazioni, importanti dal punto di vista sociale, culturale e soprattutto commerciale. Questi cavi sottomarini sono presenti ovunque, ma sono in particolar modo strategici per l’Italia quelli del Mar Mediterraneo.

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Il Mar Baltico, oltre che i sabotaggi ai due gasdotti del Nord Stream, è stato recentemente lo scenario di due episodi di trancio di cavi sottomarini. Il primo, risalente allo scorso novembre, riguardava una nave cinese (Yi Peng) che tranciò il cavo tra Svezia e Lituania, ed un secondo cavo che collega Germania e Finlandia. Il secondo episodio è di fine dicembre e riguarda una petroliera delle Isole Cook (Eagle S), secondo alcune fonti legata alla Russia, che ha tranciato tre cavi tra Finlandia ed Estonia, ed un quarto tra Finlandia e Germania.

 

La normalizzazione dei sabotaggi alle infrastrutture è un’intensificazione del livello di competizione tra paesi, con conseguenti spese aggiuntive per la sorveglianza e protezione di investimenti che in tempo di pace non necessiterebbero di tali dispendi. La presenza di tali episodi nel Mar Baltico è rappresentativa dell’incremento di competizione in un mare sempre più considerato sotto il controllo della NATO. Il rischio è che questi episodi compaiano anche nel più tranquillo Mar Mediterraneo, collegato al Mar Nero dove ha avuto luogo il tentativo di sabotaggio del TurkStream. Ciò è vero specialmente visti i recenti sviluppi in Siria ed in Libia, dove le basi navali russe hanno permesso alle proprie navi maggiori opportunità di presenza.

 

Le risposte militari di JEF e NATO nel Mar Baltico sono state rispettivamente il sistema Nordic Warden e la missione Baltic Sentry. Un successivo incremento di competizione arriverebbe a coinvolgere anche navi militari e commerciali. L’alternativa è quella della diplomazia nella determinazione di nuove regole e limiti sul campo di battaglia allargato.

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